Voci dal vuoto.
La creatività femminile in analisi

Dopo aver messo a fuoco le domande che erano state aperte dal lavoro analitico, introdurremo ora alcune riflessioni di carattere più teorico a partire da quel punto che l’esperienza clinica con le analizzanti ha posto in evidenza come momento centrale del processo terapeutico, e cioè l’esperienza del vuoto
Di che cosa è fatta l’esperienza del vuoto?

Partiremo da una constatazione molto semplice: coesistono in essa una dimensione di sofferenza e una di piacere. Cercare di dare voce al vuoto comporta, da un lato sofferenza, poiché equivale a scoprire che la propria identità è sempre un po’ altrove; ma dall’altro anche sollievo, grazie alla scoperta di molteplici possibilità di esperienza di sé, e grazie al raggiungimento di un’identità molto più fluida e in movimento rispetto a quella delle immagini culturali collettive con le quali ci si era identificate.

Si intrecciano qui due versanti della medesima esperienza, uno più ideologico e l’altro più clinico. Da una parte c’è la scarsa abitudine delle analizzanti a dire “io” e sentire “io” come un valore; da cui consegue un processo espressivo faticoso, in cui ci si sente sempre in bilico tra l’esigenza di avere uno spazio proprio e la difficoltà a vivere l’assenza di punti fermi che questo spazio inevitabilmente comporta. Difficili da sopportare sono l’indefinitezza e il disorientamento, contrapposti agli schemi rassicuranti delle immagini sociali collettive.

(“È vero che vivo soltanto di immagini altrui, osserva un’altra analizzante stringendo le spalle perplessa, ma io sono sempre andata avanti così…” Come a dire: possibile che si riesca a vivere altrimenti?).
D’altro canto emerge, dai racconti delle analizzati, un altro dato fondamentale: l’esperienza del vuoto non è unicamente un momento preliminare, bensì una parte costitutiva dell’esperienza di sé e quindi della propria identità. Tale esperienza può essere, in questo senso, considerata come una necessità del processo psichico, che da solo si costituisce in un alternarsi di pieno e vuoto, di parola e silenzio, sia nel processo preliminare che nel momento individuativo vero e proprio.

Paola Terrile, da”Voci dal vuoto.La creatività femminile in analisi, Bergamo 1997