PAURA DEGLI ALTRI, PAURA DI SE’

Si parla spesso di paura di questi tempi. E’ un sentimento tanto comune e diffuso da risultare  spesso contradditorio se non addirittura sfuggente, nel senso che non si riesce ad afferrarne la natura. Si ha paura delle cose e situazioni più differenti, anche in contemporanea.

Paura degli altri, del diverso, del virus, della vicinanza, della distanza. 

La paura scandisce le  esperienze e le giornate di molti, al punto da diventare parte di sé.

Quando è costante e radicata, quando possiede una persona, la paura porta sovente con sé reazioni di difesa, chiusura al dialogo, oppure eccesso di difesa, urla, rabbia estrema, continui violentissimi insulti. Un degrado delle relazioni umane che desertifica man mano l’ambiente della vita sociale.

Tutto questo corollario della paura è socialmente ormai talmente diffuso da esserci quasi abituati/rassegnati, eppure a ben guardare esprime un diffuso malessere e soprattutto una mancanza grandissima, sia soggettiva che collettiva. Mancanza degli altri, della fiducia nell’umano, mancanza quindi di una relazione anche con sé stessi. Senza tutto questo l’essere umano è come  interiormente dimezzato e senza nutrimento, vive male e la sua energia vitale  va seccandosi pian piano, anche quando non lo sa.  Chi è posseduto dalla paura urla e urla per tentare di riempire un drammatico vuoto interiore, un’indicibile paura di sè.  Inutilmente.

Si dice che si può vincere la paura con l’ascolto. Ma quale ascolto è possibile oggi, in tempi di distanziamento sociale? La distanza fisica obbligata da una parte favorisce il coltivare l’intimità vera in chi ce l’ha (le spiagge,i cinema e i teatri all’aperto in questa estate pullulano di gruppetti di due che parlano fitto e si tengono la mano,fidanzati e amici). 

Si coglie osservandoli un palpabile piacere dello stare vicini senza doversi tutelare, il bisogno di coltivarla, questa intimità che si scopre  tanto preziosa. 

Come un sorso di acqua limpida, un mare trasparente tiepido in cui stare e sostare.

Fare amicizia, trovare l’intimità invece è  oggi ancora più difficile, anche per chi ha la fortuna di percepirne la mancanza/nostalgia e quindi di sentirne il bisogno. La situazione costringe a inventarsi strade ormai inedite per fare conoscenza e per approfondirla(come sarà il sorriso dietro la mascherina? Quando posso chiedere di abbassarla?). 

Occorrono nuove vie di vicinanza. 

L’esaltazione della paura fisica ha dunque un effetto paradossale: può mettere in rilievo il bisogno degli esseri umani di stare vicini.

Perché la vicinanza con gli altri ci manca ad ogni livello, anzi proprio la distanza fisica fa capire che si ha bisogno anche della vicinanza emozionale. La spontaneità, l’apertura alla conoscenza dell’estraneo, a relazioni autentiche con nuove singolarità permettono di accedere ad orizzonti  e a mondi aperti. Se già ben prima del Covid ce ne eravamo dimenticati, forse la privazione obbligatoria di vicinanza, la prudenza necessaria ci aiutano a rivalutarla e a trovare il coraggio di cercarla. 

Percepire la mancanza può far riflettere anche su quali paure siano reali e vadano ascoltate e quali sia meglio abbandonarle perché  soffocano. 

Riflettere sulla bellezza della comunicazione non verbale, che completa le parole.

Sull’essenzialità di due sguardi che si parlano.

Quando si riesce ad aprire un varco nella paura, l’esperienza della vicinanza apre una  sorprendente  via di conoscenza a più dimensioni con sé e con l’altro. 

Non implica soltanto protezione, sicurezza, legame, calore affettivo. 

Soprattutto, la vicinanza riequilibra e riappacifica con sé stessi e con il mondo.

Paola Terrile,11 agosto 2020