Libertà, legami, abbracci

“Come stai?” “Direi bene””L’ultima volta che ci siamo viste mi hai detto che eri stanca di stare rinchiusa…””Non lo sono più,direi””Certo che mi mancano ancora le amiche, uscire, ma….Non so come spiegare: io mi adeguo!”
A quest’ultima frase, pronunciata con un’alzata di spalle e tono energico, la ragazzina mi lancia uno sguardo fiero e adulto. Contiene molte emozioni quello sguardo, fatica e tenacia, determinazione e allegria: soprattutto trasmette un lampo di pensiero acuto, sottile e quasi spavaldo, che dà voce a una maturità incredibile per una quattordicenne. Ci vuol altro che un mese e mezzo di quarantena per togliermi la mia libertà di pensare, di sentire e di immaginare, dice quello sguardo. Mi adeguo, nel senso che sto in casa e tollero i genitori, le lezioni online, lo studio da sola, il non poter uscire con gli amici.
Ma intanto con loro in qualche modo comunico lo stesso, e ripenso a quello che ci siamo detti e che abbiamo vissuto in passato, ci ripenso con calma e questo mi aiuta a prepararmi a rivederli. Nel frattempo, vivo al meglio le cose positive che ho, e sto bene.
La forza saggia e tranquilla di questa adolescente, che riesce a superare i momenti di tensione aprendosi a una capacità di comunicare con gli adulti che prima del periodo di quarantena sembrava essere nascosta da un’ostinata diffidente chiusura in sé stessa, ci riporta a una riflessione su che cos’è la libertà in un momento storico in cui sembriamo esserne stati privati.
Gli adolescenti come questa ragazza sono capaci di esprimerlo con sorprendente chiarezza, ma anche in alcuni adulti sembra affiorare, nel tempo sospeso e costretto in casa che stiamo vivendo in tempi di pandemia, un’inedita percezione di un altro tipo di libertà. Che in un’epoca in cui il tempo del vivere era riempito allo stremo di azioni e obiettivi da raggiungere a ogni costo non ci si accorgeva  di avere: eppure è quella che costituisce il nucleo dell’equilibrio di un individuo.
Riprendere a pensare. Scoprirsi liberi di riflettere su di sè e sulla propria esistenza, di domandarsi il perché delle scelte, di restituire importanza alle (poche) cose che l’hanno, sostare nella nostra precaria fragilità, che il contatto con la malattia e la morte mette in prima piano. In una parola, iniziare a cercare a tutto ciò che stiamo vivendo un significato per noi. Sembra che la sospensione del movimento veloce che caratterizzava la nostra vita collettiva lasci emergere con sempre maggiore chiarezza, man mano che trascorrono le settimane, che tante  presunte libertà e scelte che credevamo nostre e autentiche non lo erano. Che tante paure e blocchi siamo in grado di guardarli da vicino e di affrontarli attivamente, soltanto a darcene il tempo. 
Solo stando fermi, liberi da molte coazioni a muoverci, e sentendoci vicini alla morte, reimpariamo a dare ascolto e  a indirizzare l’energia vitale in noi. Dunque, si tratta di una libertà che ci fa percepire meglio le nostre risorse. Se avere tempo ci fa sentire una libertà da scoprire, allora il cambiamento di vita può trasformarsi da trauma in opportunità.
Tutto questo e molto altro emerge dall’ascolto delle persone in queste settimane. A guardarci dentro con sincerità poche cose ci mancano davvero, della vita di prima, ma è una nostalgia spesso struggente: gli abbracci, le carezze, il contatto fisico con le persone lontane, che sarà dura recuperare con la fiducia di prima.
La relazione fisica con gli altri, che il contatto a distanza non può sostituire, anche se dà risposte a molti bisogni di comunicare.
Come dice la ragazza che ho citato, possiamo prepararci ogni giorno a ritrovare quel che adesso ci manca vivendo  a occhi e sensi aperti le scoperte buone di questo tempo. Allora ci si accorge che non siamo più noi ad adeguarci ai limiti della situazione, ma nell’adeguarci rinnoviamo e ritroviamo un nostro legame con l’esistere finalmente più libero e meno scisso da noi stessi. 
Un legame con l’inevitabilità della morte, con il distacco. Con i sentimenti. Con la paura. Con i nostri affetti. Con l’ambiente in cui viviamo, ora più pulito e silenzioso, cioè paradossalmente più accogliente per noi che lo guardiamo da casa. 
Delle altre cose che ci affollavano le giornate, si scopre con sollievo, possiamo fare molto tranquillamente a meno.